Di Francesco Lolli.
E’ destinata a diventare una nuova meraviglia del mondo, e in questi giorni se ne è ripreso a parlare (anche in un nostro precedente articolo) per l’interconnessione con temi di attualità e consapevolezza ambientale che per fortuna oggigiorno stanno tornando a essere di attualità, ma questa volta è stato il continente africano a essere avanti coi tempi.
La ”Great Green Wall for the Sahara and Sahel Initiative”, o Grande Muraglia Verde, nasce oltre un decennio fa, nel 2007, con l’intento di piantare e far crescere una foresta lunga 8000 km che, partendo dall’Atlantico, in Senegal, arriverà in Gibuti, a affacciarsi sull’Asia.
Una volta ultimato, questo progetto avrà dato luogo al più grande oggetto (o sistema) vivente sulla terra, spezzando la aree desertiche del continente e ridando a esso e ai suoi abitanti vita per molteplici motivi, che anche oggi, nell’era della chimica e della tecnologia, solo una foresta può portare.
La regione sub-sahariana del Sahel è una delle più povere del pianeta, soggetta a carestie, siccità e mancanza di lavoro, e da decenni di vede privata della sua stessa popolazione, essendo uno dei centri di emigrazione più elevati di questo millennio. La causa principale di questa situazione è la desertificazione, flagello delle regioni antistanti il maestoso deserto del Sahara e che ne vedono incedere anno dopo anno le sabbie su quelli che un tempo erano floridi terreni agricoli.
La desertificazione nel continente africano è un fatto noto, ma non scontato: fino a pochi secoli fa intere nazioni oggi affamate erano coperte di vegetazione e ricche di flora, così come pitture rupestri nel centro del deserto raffiguranti scene di caccia e piante mostrano come anche questo sia un frutto del surriscaldamento globale avvenuto, naturalmente, dopo l’ultima era glaciale.
Un surriscaldamento globale che negli ultimi anni è stato accentuato non più dalla natura e dall’incedere delle stagioni, ma questa volta dall’uomo. E proprio l’uomo (o gli uomini) a questo, semplicemente e maestosamente allo stesso tempo, stanno ponendo rimedio.
Per la nazioni che attraverserà, e quelle adiacenti, la Grande Muraglia Verde con le sue migliaia di alberi offrirà la vita e la possibilità di ricrescere in tutto e per tutto: il grande sistema agreste porterà in primo luogo cibo da raccogliere, e le sue radici stabilizzeranno la terra e consentiranno a questa di assorbire e, finalmente, tratterrà, l’acqua piovana, consentendo nuovamente di irrigare i campi che si potranno allora creare e in questo modo, oltre che nella sua stessa costruzione, creerà lavoro e sicurezza, che sono la conditio sine qua non per gettare le basi di una società in crescita, portando una nuova economia e con questa medicine, istruzione e nuovo lavoro. La grande muraglia africana non sarà, come l’antenata cinese, volta a fermare gli invasori, ma a trattenere gli abitanti di quelle terre che saranno di nuovo pronte a offrire rifugio e opportunità.
Dopo dieci anni questa grande opera di bioedilizia è completata solo al 15%, un capo a Est e l’altro a Ovest, ma già sta dando lavoro e nuove opportunità ai paesi che la stanno costruendo e toccando, e il grande impianto di foreste già contribuisce a abbattere le temperature della zona.
Questo esperimento, coraggioso e avveniristico, è volto a portare bene a tutti contribuendo a togliere dalla povertà, dalla fame e dall’abbandono un intero continente, contribuendo in una conseguenza di cause e effetti a toglierlo dalla lista delle nazioni in crisi alimentare e sociale, tutto con una foresta, per quanto grande. Una foresta che diventerà il secondo polmone verde di questo pianeta, allo stesso ritmo con il quale stiamo ancora distruggendo il primo, nella foresta amazzonica.